I. L'inaudito e l'inattuale
- Fabrizio

- 22 ott 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 17 nov 2021
di Fabrizio Mele
Ci sono alcuni miti che vanno sfatati. Non è vero che le distanze tra le generazioni siano incolmabili, che gli intellettuali non pensino come il popolo o il popolo come gli intellettuali, che l’infanzia sia il luogo dell’immaginazione e la maturità quello del raziocinio, che il libro e il cellulare siano tra loro nemici, che quello on-line sia un mondo virtuale e quello vero non sia un’illusione, che la solitudine sia disimpegno e fuga, l’incertezza una debolezza, l’inclusività un problema, la sessualità un dato di natura. L’Oriente l’opposto dell’Occidente.
Sul filo di un percorso che ripristini il nostro diritto e la nostra responsabilità nel lottare in cammino verso libertà e felicità, mettere invece in dialogo soggetti che non si incontrerebbero mai e che, tuttavia, avrebbero tanto da dirsi. Per conoscersi e immaginare assieme un nuovo orizzonte. Per dimostrare che le differenze tra generazioni e pensieri non sono temporali o spaziali, riguardano piuttosto lo stile del nostro pensiero.
Immagina un dialogo che coinvolga tradizione, rivoluzione e nichilismo.
Questi tre stili sono uno nel fronteggiare l’enigma di tutti gli uomini e le donne: che senso ha la vita? Cosa ha senso? Che senso ha quello che faccio? Che senso ho io?
Non il dilemma del senso, quello che uccise Omero, uso malizioso della caratteristica indecisione originaria del mondo.
Il dilemma infatti richiede una risposta, l’enigma invece un’etica.
Tradizione, rivoluzione e nichilismo risultano ad uno sguardo divertito - che cioè guarda da un altro luogo, si mimetizza in un quarto stile - eventuali ipotesi di senso sul mondo:
la tradizione il mondo come verità disvelata nella storia, la rivoluzione come verità stanata nel futuro, il nichilismo come verità di un presente evanescente.
Queste tre posizioni si inseguono, si allontanano e si fecondano vicendevolmente poiché identico è il loro oggetto d’amore: il senso. Dare senso.
Dunque, l’ultimo arrivato al banchetto o simposio è un convitato di pietra: il nichilismo. Abbiamo la fortuna di poterci parlare, come a qualcuno cui dobbiamo rispetto e forse qualcosa di più.
Accogliamolo nel dialogo come chi ha a sua volta compreso di essere uno di noi.
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