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La magia è un mezzo per avvicinarsi all’ignoto?

  • Immagine del redattore: Fabrizio
    Fabrizio
  • 9 mag 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

di Gianalberto Righetti


Max Ernst, artista fondatore del movimento surrealista, proclamò nel 1946: “La magia è un mezzo per avvicinarsi all’ignoto per vie diverse da quelle della scienza o della religione”. Sono andato a visitare la mostra “Surrealismo e Magia, la modernità incantata” alla Penny Guggenhaim di Venezia. E, fresco delle pratiche di pensiero esperite sulla Meraviglia e la Magia, mi sono proprio goduto la mostra. Quadri di non grande contenuto estetico (a mio parere), ma densi di significati e simboli da interpretare a proprio piacimento. Riflessioni stupite e lampi di meraviglia.


“Le opere dei surrealisti “attingono alla simbologia dell’occulto per una crescita individuale e alimentano l’immagine dell’artista come alchimista, mago, veggente, dea o strega, in grado di evocare mondi immaginari”, parole tratte dalla presentazione della mostra. Mi è sovvenuto come il corso di approfondimento di arte fotografica a cui ho partecipato 4 anni fa “The Alchemy in Photography” mi aveva affascinato proprio in questo senso, facendomi davvero vedere, attraverso l’obbiettivo della mia fotocamera, mondi immaginari che possono anche esercitare un’influenza sul mondo reale. Come affermò Freud: “La magia è credere nell’onnipotenza del pensiero” (Totem e Tabù, 1913). La magia diventa metafora per il regno elusivo del “surreale”, dove realtà e sogno si fondono in un vissuto nuovo ed assoluto. E’ il potere di rendere visibile l’invisibile (Breton, 1957), potere che, come intuì Plotino, è generato dall’arte. E’ anche ciò che intuisco quando vago alla ricerca di immagini.


Come sempre, osservare le opere di artisti stimola la nostra arte e creatività. Il quadro di Remedios Varo “Nutrimento Celeste” (Figura 1) mi fa riflettere su qualcosa in cui provo a credere, e mi domando: Siamo così indissolubilmente legati all’universo? E allora cosa dobbiamo fare, che idee dobbiamo sviluppare, per far sì che la nostra vita possa ricevere l’energia necessaria? Come dobbiamo nutrire l’universo per nutrire noi stessi? Magritte, relativamente al suo quadro “Black Magic” (Figura 2), spiega che l’immagine incarna la trasmutazione provocata dal processo alchemico. Mi chiedo: E’ la forza del blu del mare e dell’azzurro del cielo che fanno modificare il colore della pelle di sua moglie, qui ritratta? E’ quindi l’ambiente ove ci muoviamo, il panorama esteriore in cui siamo al centro che, senza che noi si sappia, ci fa essere quello che siamo qui ed ora e ci indirizza inconsapevoli verso il percorso del nostro destino? Che è ignoto alla mente ma disvelabile dall’alchimia dell’arte?”



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Il titolo del libro di Kurt Seligmann dei 1931 “Lo specchio del magico” (Figura 3) mi incuriosisce e ne leggo l’introduzione. “Per l’artista che crea dal suo interno, partendo dall’immagine che gli perviene e gli entra nella sua memoria, le sorgenti d’ispirazione sono inestinguibili. Esistono nella natura, nelle cose fatte dall’uomo, nelle cose che vede, legge, sperimenta, osserva, tocca, sogna. Tutto ciò che la mia mente ha registrato o i miei sensi hanno sperimentato possono emergere da un ampio spazio di magazzinaggio interno, e trovare il proprio posto sulla tela”. Voi ne siete convinti? Io sì. E penso non solo sulla tela o nella stampa fotografica, ma anche nella composizione del panorama interiore, il quadro che ci connota come esseri umani, in interminata e necessaria relazione col mondo.


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